inComunicati Copagri il15 Aprile 2020

Coronavirus, la filiera del vino chiede un confronto urgente con la ministra Bellanova

Quattro le azioni proposte: uso dell’alcol di emergenza, distillazione controllata, vendemmia verde e ammasso privato

Roma, 15 aprile 2020 – La filiera del vino, che unisce le associazioni di categoria Confagricoltura, CIA, Alleanza delle Cooperative Italiane, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi – torna a scrivere al Ministro delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali, Teresa Bellanova, e lo fa con una lettera che completa le due precedenti già indirizzate al Governo, la prima in materia di misure economiche e fiscali a sostegno della liquidità delle imprese e la seconda sulla concessione di proroghe nella tempistica delle domande OCM e di deroghe nell’esecuzione dei programmi, investimenti e promozione. In questo momento, ribadiscono le organizzazioni, la priorità è garantire liquidità, fondamentale per la sopravvivenza dell’impresa e dei suoi dipendenti, in attesa della ripartenza delle attività economiche.

In questo caso, la missiva riguarda alcune proposte a sostegno del mondo agricolo sulle quali la filiera chiede l’avvio di un confronto immediato con la Ministra Bellanova con l’obiettivo di individuare al più presto una strategia di sostegno e rilancio del settore, uno dei comparti agricoli più rilevanti per l’economia italiana.

Le misure per il settore andrebbero inserite in un quadro complessivo che tenga conto dei vari attori della filiera e in un contesto di misure di intervento straordinarie, anche a livello europeo, per sostenere il settore in un momento così complesso.

Nello specifico, sono quattro le ipotesi avanzate dal mondo del vino per far fronte al forte impatto negativo che il settore vitivinicolo sta subendo a causa dell’emergenza Covid-19, sia nel mercato on-trade sia nella vendita diretta in cantina (i due settori insieme rappresentano il 57% dei volumi consumati nel mercato italiano, pari a circa 12 milioni di ettolitri), ma anche nell’inevitabile contrazione dei consumi che seguirà la fase emergenziale, con il rischio concreto di avere cantine piene ben al di là delle normali e logiche previsioni a ridosso della prossima campagna vendemmiale.

La prima proposta riguarda l’uso dell’alcol di emergenza con l’opportunità per i produttori vinicoli di destinare il vino da tavola in giacenza alla distillazione, al fine di ricavarne alcol ad uso medicale. Le distillerie si dovrebbero fare carico del prelievo del prodotto, del trasporto e della distillazione. Resta inteso che, in questa catena, nessun anello dovrà conseguire un profitto. L’alcole etilico prodotto dovrà essere destinato a soli usi industriali, e nello specifico alla produzione di disinfettanti o gel igienizzanti, nonché preso in carico dalla Protezione Civile, che dovrebbe poi deciderne la destinazione.

A ciò si aggiunge la necessità di fissare una misura di distillazione per far fronte alle giacenze e alla potenziale mancanza di capienza nelle cantine per le uve e i mosti per la prossima vendemmia. Le organizzazioni di categorie ritengono però che debbano essere poste alcune specifiche condizioni per l’attivazione: innanzitutto, deve restare volontaria e non obbligatoria, inoltre dovrà essere finanziata da adeguate risorse economiche, preferibilmente all’interno di un nuovo budget di emergenza per il settore a livello europeo, con l’obiettivo di porre rimedio allo shock di mercato e alle conseguenze patite dai produttori. Per mantenere una concorrenza leale tra produttori, la misura della distillazione dovrà essere seguita, già a partire dalla prossima campagna vitivinicola, da una modifica delle disposizioni nazionali in materia di rese massime di uva per ettaro per i vini non a indicazione geografica, che tenga tuttavia conto delle diverse specificità produttive territoriali, evitando distorsioni nel segmento dell’alcol.

Tra le proposte più significative avanzate dalla filiera del vino a sostegno del settore agricolo c’è anche la modifica all’attuale misura della vendemmia verde, misura già inserita nel piano nazionale di sostegno che prevede un fondo di 5 milioni di euro e un aiuto non superiore al 50 % della somma dei costi diretti della eliminazione dei grappoli e della perdita di reddito connessa a tale eliminazione. La filiera auspica che la misura possa essere attivata dalle regioni, con l’obiettivo di ridurre la produzione per la successiva campagna vendemmiale e che il Ministero proceda a una rimodulazione dell’attuale dotazione del PNS. In via generale, lo strumento della vendemmia verde, è destinato all’eliminazione del prodotto mentre si potrebbe esplorare la possibilità di introdurre una nuova misura transitoria destinata alla riduzione volontaria delle rese con un risarcimento al viticoltore. Data la mancanza di forza lavoro nella fase dell’anno nella quale la vendemmia verde è normalmente attivata (mese di giugno), il mondo del vino chiede inoltre lo spostamento del calendario, dando la possibilità di esercitarla anche nel mese di luglio.

L’ultima richiesta della filiera riguarda invece la possibilità, per alcune produzioni vitivinicole temporaneamente eccedenti o con difficoltà di sbocco sul mercato, di ricorrere all’ammasso privato per una parte del quantitativo in giacenza. Questa misura potrebbe essere di supporto per alcune produzioni da invecchiamento che non troverebbero subito mercato nei mesi estivi quando auspicabilmente potrebbe riaprire il canale horeca.